Guardando al terzo trimestre del 2025, è impossibile non cogliere il paradosso di una quiete solo apparente. Dopo due anni di stretta monetaria, la normalizzazione dei tassi sembra giunta al suo epilogo, ma l’equilibrio raggiunto è più fragile di quanto i mercati vogliano ammettere.
Politiche monetarie: la quiete dopo la stretta
La BCE ha riportato il tasso di riferimento al 2,15%, ben sotto il picco del 3,4% dell’autunno 2024, mentre la Federal Reserve si è stabilizzata al 4,25%, segnando l’inizio di un ciclo accomodante appena percettibile ma politicamente cruciale. Anche la Bank of England ha ammorbidito la presa a quota 4%, e la Banca Nazionale Svizzera ha completato il suo ritorno al tasso zero, quasi un atto simbolico di chiusura dell’era inflattiva. Solo il blocco emergente continua a muoversi in un universo a parte: il Brasile ancora con un tasso al 15%, la Russia oltre il 17%, monoliti di rigidità che servono più alla stabilità del cambio che al contenimento dei prezzi.
In Asia, la Cina mantiene un atteggiamento da prudente direzione centrale con il 3%, mentre la Banca del Giappone resta ancorata allo 0,5%, il più coerente degli anacronismi. Il messaggio implicito è chiaro: l’inflazione è domata, ma non dimenticata, e le banche centrali non si fidano dell’equilibrio che i mercati, con un cinismo degno di memoria keynesiana, sembrano aver accettato con troppa disinvoltura.
Azioni globali: un trimestre di forza e dispersione
In questo contesto, l’intonazione generale degli asset nel terzo trimestre è stata positiva, ma la composizione del rendimento racconta una storia complessa. I mercati azionari hanno mostrato una sorprendente tenuta, con il 90% dei listini globali che hanno chiuso il trimestre in rialzo e un rendimento medio superiore al 6%.
- L’Asia si conferma locomotiva di performance, sospinta da un Hang Seng in rimonta con un guadagno dell’11,6% e da un Nikkei in piena euforia tecnologica all’11%.
- L’Europa ha seguito a passo più breve ma deciso, con il FTSE MIB e l’Ibex che oscillano attorno all’8-10%, segnali di una fiducia che resiste malgrado i chiari segnali di rallentamento macroeconomico.
- Il comparto americano ha invece consolidato senza entusiasmi: S&P 500 e Nasdaq rispettivamente a +7,8% e +8,8% nel trimestre, tradendo una certa fatica nell’assorbire la rotazione settoriale e la compressione dei margini.
Tuttavia, a livello da inizio anno, la narrativa resta di segno inequivocabilmente positivo, con quasi tutti gli indici che mostrano rialzi a doppia cifra e dispersione contenuta, un segnale di mercato più guidato dal sentiment che dai fondamentali.
Materie prime e valute: la volatilità come costante
Sul fronte delle materie prime, la volatilità resta il tratto distintivo. Nel terzo trimestre solo poco più della metà ha chiuso in positivo, ma la dispersione è eloquente: dai +29% dell’argento Comex al -25% del cacao, in caduta libera dopo i picchi speculativi primaverili.
- I metalli preziosi si sono confermati baluardo riflessivo del timore sistemico, con oro e argento in accelerazione, il primo con un +17% nel trimestre e oltre +46% da inizio anno, seguiti dal platino e dal palladio, protagonisti di un ritorno di fiamma dopo anni di marginalità.
- Le soft commodities restano invece intrappolate nella discontinuità dei cicli agricoli e nelle perturbazioni climatiche: soia e mais poco mossi, zucchero e caffè più vivaci ma volatili, il tutto in un contesto di media trimestrale modesta, appena +3,2%, e di dispersione elevata.
- L’energia racconta un equilibrio precario: il gas naturale statunitense ha alternato cadute e rimbalzi, +10% a settembre ma ancora negativo nel trimestre, mentre il Brent si mantiene in una fascia neutrale, compresso tra la politica OPEC e la stagnazione della domanda industriale.
Le valute hanno oscillato in un equilibrio quasi aristotelico. L’euro ha mantenuto una postura forte, favorita dal differenziale dei tassi e da una certa solidità della crescita, guadagnando mediamente l’1% nel trimestre e oltre l’8% da inizio anno. Spiccano il rafforzamento verso la lira turca e il peso argentino, quest’ultimo con un +14% trimestrale che fotografa la disperazione economica più che la virtù monetaria.
La stabilità del dollaro statunitense, oscillante intorno alla parità, ha rappresentato un ancoraggio psicologico per i flussi globali, mentre in Asia la rupia indiana e il dong vietnamita emergono come valute rifugio alternative.
Risparmio gestito: un nuovo paradigma di rendimento reale
Il risparmio gestito entra così in un nuovo paradigma: non più la caccia all’inflazione, ma la ricerca di rendimento reale in un mondo che ha disimparato la volatilità. Il terzo trimestre è stato generoso ma selettivo, settembre ha aggiunto un’intonazione positiva senza eccessi, mentre il bilancio da inizio anno premia chi ha saputo cavalcare Asia-tech, metalli preziosi e convertibili, evitando duration lunga in euro e i pochi anfratti davvero ostili come l’India azionaria e il real estate europeo.
Gli indici FIDA FFI azionari fotografano un trimestre ampiamente favorevole: quasi nove comparti su dieci in progresso e una media di circa +5,7% nel terzo trimestre, con volatilità contenuta. Settembre aggiunge un altro punto e mezzo abbondante, mentre il progressivo da inizio anno sfiora il +9%. La geografia dei rendimenti racconta il cambio di passo dell’Asia con chiarezza disarmante:
- La Cina torna protagonista con i fondi A-Shares a +25% nel trimestre e Grande Cina attorno a +19%, la Corea corre oltre +8% e Taiwan si attesta vicino a +13%.
- Il Giappone mantiene un profilo tonico tra +6% e +10% secondo gli stili, con un accento growth più generoso.
- In Europa la grande capitalizzazione tiene, l’Italia brilla tra +6% e +7% con il segmento value ancora decoroso, ma le small e mid cap dell’Area Euro arrancano poco sotto lo zero trimestrale.
- Gli Stati Uniti consegnano ritorni di medio calibro, fra +6% e +7% sulle large e mid, ma la value USA resta zavorrata in progressivo d’anno.
Tematici e settoriali: la forbice della performance
Sui tematici e settoriali la forbice è eloquente. I metalli preziosi e minerali dominano la scena con avanzamenti intorno a +45% nel trimestre, corroborati da un settembre ancora in doppia cifra e da un clamoroso raddoppio da inizio anno. Materiali e chimica, energia e risorse naturali offrono metriche solide, mentre agricoltura e beni di consumo primari cedono terreno.
La tecnologia globale cresce a passo regolare, l’intelligenza artificiale mantiene trazione, la sanità recupera ma resta irrisolta su base annua. L’immobiliare europeo arretra, quello globale è appena sopra la parità, a conferma di quanto la discesa dei tassi fin qui non basti a riaccendere un settore ancora gravato da capex e vacancy.
Reddito fisso: rendimento stabile, duration sotto pressione
Nel reddito fisso il trimestre è positivo in modo ampio ma non rumoroso: oltre l’85% delle categorie in rialzo, media poco sopra +1,4% e dispersione relativamente modesta. I convertibili spiccano con rendimenti trimestrali fra +5% in euro e oltre +13% in Asia Pac, beneficiando della convessità in un contesto di equity tonica e tassi in lento allentamento. Bene anche l’emergente in valuta forte e locale, compreso il corporate, tutti in progresso di 2-4% nel trimestre.
La duration lunga resta invece il punto dolente in Europa: i governativi oltre 10 anni sono negativi nel trimestre e il tratto 5-10 anni è appena sopra la parità, segno che il mercato sconta un sentiero di tagli graduale e non lineare. Gli inflation-linked globali non offrono rifugio, tra zeri e segni meno da inizio anno, coerenti con un’inflazione domata e break-even compressi. L’high yield sviluppato viaggia in territorio moderatamente positivo, sostenuto da carry e tassi di default ancora sotto controllo, mentre sui monetari l’erosione del rendimento atteso è già visibile, preludio a un 2026 meno generoso.
Strategie multistrategy e multi-asset: equilibrio e disciplina
Il multistrategy absolute return ha fatto ciò che promette quando i trend sono presenti ma non violenti: oltre il 90% delle categorie positive nel trimestre, media circa +2,5% e deviazione contenuta. Spiccano materie prime e mercati emergenti con +5% circa, mentre il global macro resta sotto tono su base annua, penalizzato dalla rarefazione dei grandi trend direzionali.
I multiactive ritrovano centralità tattica con un trimestre generoso su tutte le famiglie, con progressi nell’ordine del 3-6% a seconda di profilo e copertura valutaria. La variante mercati emergenti è quella che più beneficia della rotazione asiatica, mentre le versioni in dollari soffrono ancora l’effetto cambio cumulato da inizio anno.
ETF: la leva come cartina di tornasole del nuovo ciclo
Sul fronte degli ETF la fotografia è coerente ma più estrema. La media trimestrale supera il +4%, ma la dispersione raddoppia rispetto ai fondi tradizionali. Le linee a leva long sui metalli preziosi e sui relativi settori mettono a segno rialzi da manuale, fra +16% e oltre +45% nel trimestre, accompagnate da ottime letture di settembre.
Il long azionario leva 3 globale supera addirittura +46% nel trimestre, mentre gli short azionari e commodities incassano perdite a doppia cifra, con punte oltre -30%. È la cartina al tornasole della nuova fase: la leva premia solo quando l’alpha di direzione è inequivocabile, altrove vige il principio del festina lente.
IDEE DI INVESTIMENTO
Da questo quadro emergono tre messaggi operativi con chiarezza.
- L’azionario richiede un baricentro asiatico e selettività intra-europea: Cina domestica, Corea e Taiwan guidano, l’Italia è ben posizionata, mentre small e mid cap dell’area euro vanno trattate con parsimonia.
- Il reddito fisso deve orientarsi verso convertibili e credito emergente come motori, governativi euro lunghi da dosare con attenzione, inflation-linked da utilizzare più come copertura mirata che come scommessa direzionale.
- I satelliti tematici in area materiali e metalli preziosi restano una componente di diversificazione efficiente, ma vanno gestiti con rigore sul sizing per l’elevata ampiezza di oscillazione. Il trimestre ha premiato chi ha accettato un po’ di rischio direzionale evitando le trappole della duration lunga europea e dei temi strutturalmente anemici.
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NOTE
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