
JPMorgan Chase, insieme ad altre grandi banche statunitensi, ha preso una decisione netta di allontanarsi dalla Net Zero Banking Alliance (NZBA), segnando un significativo cambiamento nella posizione di Wall Street in merito alle alleanze finanziarie legate al clima.
A partire da questa settimana, l’uscita di JPMorgan dalla NZBA segna il culmine di una tendenza più ampia, con aziende come Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America, Wells Fargo e Goldman Sachs che hanno seguito l’esempio.
Le banche stanno sempre più spesso decidendo di promuovere in modo indipendente i propri programmi di finanza verde, dando vita a un dibattito sul ruolo delle istituzioni finanziarie nella promozione dell’azione per il clima.
Cos’è la Net Zero Banking Alliance (NZBA)?
La Net Zero Banking Alliance, lanciata nel 2021 nell’ambito della Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), ha cercato di unire le banche in uno sforzo collettivo per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050.
Inizialmente, ha ricevuto un forte sostegno, con le banche che hanno esaltato la loro partecipazione come un impegno verso pratiche finanziarie attente all’ambiente.
Tuttavia, queste affiliazioni sono state oggetto di critiche da parte degli ambienti politici, in particolare in vista del prossimo cambio di leadership negli Stati Uniti, con i repubblicani pronti a prendere il potere a Washington nel 2025.
Questa reazione politica, motivata dalle preoccupazioni per gli investimenti “woke”, ha spinto alcune delle più grandi banche americane a riesaminare la loro partecipazione a iniziative ambientali.
Le critiche alle alleanze finanziarie non sono una novità.
A dicembre, la commissione Giustizia della Camera, guidata dal repubblicano Jim Jordan, ha accusato questi gruppi di aver formato quello che ha definito un “cartello climatico”.
Questa reazione politica ha guadagnato slancio in seguito alle elezioni del 2024, con figure come l’ex presidente Donald Trump in prima linea contro i gruppi di finanza verde.
Il fermo sostegno di Trump ai combustibili fossili, compresa la sua retorica “trivella, trivella, trivella”, ha esacerbato le divisioni tra le istituzioni finanziarie statunitensi ed europee in merito all’azione sul clima.
La risposta di JPMorgan
In particolare, JPMorgan ha espresso la sua intenzione di continuare a promuovere tecnologie a basse emissioni di carbonio e a migliorare la sicurezza energetica attraverso iniziative indipendenti.
La banca ha sottolineato che la sua decisione di abbandonare la NZBA non significa rinunciare ai suoi obiettivi climatici.
Invece, si concentrerà su soluzioni pragmatiche e basate sul mercato, in linea con i suoi interessi commerciali e le priorità degli azionisti.
La divisione di gestione patrimoniale di JPMorgan manterrà inoltre la sua iscrizione alla Net Zero Asset Managers Initiative (NZAMI), che si concentra sulla decarbonizzazione di vari settori dell’economia.
Nonostante l’uscita delle principali banche statunitensi, alcune istituzioni, come Citigroup, rimangono impegnate nella più ampia Glasgow Financial Alliance for Net Zero.
Citigroup, insieme a Bank of America e BlackRock, è stata uno dei membri fondatori del GFANZ. Tuttavia, recenti modifiche all’alleanza hanno allentato i criteri di partecipazione, segnalando un approccio in evoluzione all’azione per il clima.
Istituzioni finanziarie americane e europee
Il ritiro di queste banche statunitensi ha intensificato la spaccatura tra istituzioni finanziarie americane ed europee in merito agli impegni sul cambiamento climatico.
Mentre le banche europee, tra cui giganti come HSBC, Barclays e Lloyds, rimangono membri fermi e saldi della NZBA, le banche americane stanno sempre più spesso scegliendo di prendere le distanze dalle coalizioni internazionali sul clima.
Questa divergenza evidenzia la crescente tensione tra il panorama politico statunitense e gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico.
Mentre il settore finanziario si confronta con il suo ruolo nella sostenibilità ambientale, le uscite dalla Net Zero Banking Alliance sollevano interrogativi sul futuro del finanziamento climatico e sulle pressioni concorrenti che devono affrontare le istituzioni finanziarie globali.
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